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domenica 21 febbraio 2010

( 19) Ma ritorniamo al rapimento Coppola, e ai motivi che hanno determinato il profondo dissidio tra Vincenzo e Cristoforo Coppola.



Dicevo che non vi è stato nessun processo per il sequestro Coppola, per il semplice fatto che le indagini hanno fatto un “flop”. Tuttavia, secondo la deposizione dell’”infame-pentito” di turno, Antonio Di Carlo, braccio destro di Totò Riina, l’ingegnere Francesco Coppola, ( omonimo del cugino ), sarebbe stato rapito per indebolire Antonio Bardellino, che, ritenuto amico della famiglia Coppola, stava diventando troppo potente. Avrete notato certamente e saprete anche il perché io, durante tutta la narrazione, chiamo sempre per il giusto nome questi personaggi e li definisco volta per volta: infami, cornuti, merdaccia, carogne, e mai li chiamo “collaboratori di giustizia”. Uno di questi loschi figuri, appunto, che ogni giorno si alternano sulle pedane del ”teatro di giustizia” d’Italia, ha dichiarato che ad ordinare il sequestro sarebbero stati Angelo e Lorenzo Nuvoletta, boss di Marano, con la complicità del clan dei siciliani vicini al boss Totò Riina. Avrebbe mediato niente di meno che Raffaele Cutolo. Lo ha riferito il cronista giudiziario del “Corriere di Caserta”, Tina Palomba, in un servizio apparso in edicola l’11 luglio del 2004. In precedenza vi era stato un altro interessante indizio sul sequestro, che avrebbe potuto portare ad una vera e propria svolta, che si appalesò nel 1981, allorquando, ai confini con la Svizzera, venne fermato un “frontaliere”; faceva il mestiere di portare nello zaino soldi contanti da depositare in Svizzera, allora le cose andavano in questo modo, trovato in possesso di una parte del riscatto, pagato per la liberazione dell’ingegnere Coppola.

Ma il mistero del rapimento di Francesco Coppola, forse, tra non molto, sarà svelato da un libro che è in allestimento. “Volpe rossa”, questo era, infatti, il nome dell’ignoto interlocutore che ha gestito, per conto dei rapitori il sequestro Coppola e che sarà anche il titolo del libro che, tra l’altro, farà nomi e cognomi di tutti i protagonisti. A scriverlo sarà lo stesso avvocato dei Coppola che fece da tramiote per la trattativa del rilascio: Giusppe Garofalo.
Qualche anticipazione? Il riscatto finale consegnato materialmente da Pasquale Sementini, fu di 6 miliardi delle vecchie lire. La restante somma per raggiungere i 20 miliardi ( poi scesi a dieci ) fu anche sequestrata tra Anagni e Fiuggi a Don Vincenzo Coppola ( padre del rapito) che a bordo di una Fiat 500, con una bicicletta sopra il tetto, ( il segnale chiesto da “Volpe rossa” ), si apprestava a consegnarla ai rapitori. Nella vicenda entrarono politici e camorristi: il senatore Mattia Coppola, per esempio, si adoperò per fare l’intermediario ( a casa sua arrivavano le telefonate dei rapitori); il capo camorra Vincenzo Malventi, ( padre dell’Avv. Antonio Malventi, assassinato nella faida di camorra), fu crivellato di colpi, per aver ingiunto ai rapitori, attraverso un appello pubblico, di rilasciare il giovane ostaggio; Nicola Nuzzo, alias “Carusiello”, noto camorrista di Acerra, dal carcere fece sapere al Procuratore Generale della Repubblica di Napoli, Angelone, che se lo avessero fatto uscire per un certo periodo, avrebbe fatto liberare l’ostaggio e arrestare i rapitori. Fu un bluff!

Nell’ambito del rapimento Coppola vi fu anche un delitto. Venne assassinato un pregiudicato, che poco tempo prima era stato accusato di aver giustiziato il maresciallo degli agenti di custodia Pasquale Mandato, per ordine dei cutoliani. Pare che lo stesso fosse stato ritenuto, dai camorristi locali, il basista per il rapimento Coppola, senza che questi avessero dato il loro placet! L’omicidio del valoroso sottufficiale - come si ricorderà - avvenne nella Piazzetta S. Francesco, all’inizio delle rampe del carcere, e il maresciallo Mandato morì a pochi passi dal luogo dove ogni giorno, con passione e rigore, dava gli ordini per controllare una masnada di criminali, che all’epoca infestava il carcere sammaritano.

Ma Castelvolturno era già salito alla ribalta della cronaca nazionale per la pubblicazione di un interessante libro, che all’epoca fece molto scalpore: “Indagine su un Comune al di sopra di ogni sospetto”, scritto dal giornalista Aldo De Jaco. Mentre quello più efficace sulla Baia Domizia è stato, come detto, appunto quello di Silvio Bertocci, ( un giornalista che conosceva “da dentro” le spartizioni politiche, essendo stato per anni il segretario dell’on.Baldassarre Armato).

Il libro narra, tra l’altro, la notte dei lunghi coltelli, allorquando ad ogni consigliere comunale di Sessa Aurunca fu recapitata, da parte di un ex maresciallo dei carabinieri, una busta con molti milioni, onde consentire la cessione del terreno del demanio cittadino a favore di privati speculatori. Si disse, tra l’altro, che gli azionisti della società che doveva effettuare la speculazione di Baia Domizia, erano di Padova, ed uno di loro era, addirittura, imparentato con un Papa. Non il signor Giuseppe Papa “camorrista” locale. No! Proprio di Sua Santità. Quello che risiede a Roma, e che dice di essere il capo della chiesa di tutto il mondo. Si trattava di Paolo VI, il cui nipote architetto Montini, corrotto i politici locali, iniziò la grande speculazione edilizia. Una speculazione che portò un conflitto di interessi tra i clan ( quello capeggiato da Mario Esposito, ora all’ergastolo, contro i fratelli Alberto e Benito Beneduce, entrambi poi morti ammazzati ), locali e qualche anno dopo addirittura all’omicidio del farmacista Mascolo. Il delitto rimasto tra i casi insoluti fino al giugno del 2002, ha avuto una svolta con le dichiarazione della moglie del presunto assassino.

(In gazlera, in galera – 19° )

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